E' uscito in questi giorni un volume che racconta, per la prima volta in modo organico e completo, la drammatica vicende delle foibe e degli eccidi che vennero compiuti sul confine orientale d'Italia, nella Venezia Giulia ed in Dalmazia, negli anni del secondo conflitto mondiale e del lungo dopoguerra.
Il libro, pubblicato da Mursia Editore con il titolo “Infoibati. I nomi, i luoghi, i testimoni, i documenti”, è stato scritto dal prof. Guido Rumici, ricercatore di Storia, già noto per le altre sue pubblicazioni inerenti le tematiche di confine. Scritto con un linguaggio semplice e lineare, il libro si prefigge lo scopo di divulgare presso il grande pubblico una pagina dolorosa della storia d'Italia rimasta troppo a lungo celata da un colpevole silenzio.
In quest'ottica l'autore colma una lacuna di decenni nella storiografia nazionale raccontando e descrivendo i fatti nella loro completezza ed inquadrando la vicenda delle foibe nel più ampio contesto storico delle lotte politiche, nazionali ed ideologiche che coinvolsero le regioni orientali d'Italia.
Nel settembre-ottobre del 1943 e, più tardi, nella primavera del 1945, con la presa del potere da parte del Movimento Popolare di Liberazione jugoslavo del maresciallo Tito, diverse migliaia di Italiani vennero arrestati e deportati, spesso verso ignota destinazione.
Molti di loro non fecero più ritorno a casa, né si seppe più nulla della loro sorte. Una parte di questi sventurati venne gettata nelle foibe, cavità naturali che si trovano numerose nei terreni carsici della Venezia Giulia, dove le loro salme non avrebbero dovuto essere più ritrovate. Le foibe divennero in questo modo la tomba di tantissime persone, sia civili che militari, con numerose donne e bambini, anche vittime dell'odio, delle passioni dell'epoca e degli avvenimenti storici e politici che travolsero la regione.
L'autore descrive minuziosamente i fatti e le vicende che coinvolsero l'Istria, Trieste, Gorizia, Fiume e la Dalmazia, con l'aiuto di una ricca documentazione fotografica, circa settanta immagini, e di un'abbondante serie di documenti, spesso inediti, rintracciati presso gli archivi inglesi, italiani ed jugoslavi.
E' questa la parte sicuramente più interessante per gli studiosi poiché i documenti, soprattutto quelli inglesi ed italiani, descrivono un quadro molto efficace del clima dell'epoca e di come le violenze ai danni dei singoli crearono un clima di diffuso terrore tra l'intera popolazione civile della Venezia Giulia.
Di rilievo la dichiarazione di un sopravvissuto, liberato dalle carceri jugoslave nel 1950, che racconta di quanti altri italiani fossero ancora detenuti nei lager di Tito a tanti anni di distanza dalla fine della seconda guerra mondiale. Tra di loro anche personalità di rilievo della vita pubblica come il rappresentante socialista del C.L.N. goriziano Licurgo Olivi e del Vice Podestà e Presidente della provincia di Gorizia, Gino Morassi. Come tanti altri, anche Olivi e Morassi non tornarono più a casa ed è quantomeno strano che, nel lungo dopoguerra del confine orientale d'Italia, il loro ricordo cadde nel dimenticatoio.
Alla fine del volume, il prof. Rumici lascia ampio spazio alla raccolta di una nutrita serie di testimonianze di famigliari e parenti di persone scomparse, infoibate dai partigiani di Tito, quasi sempre alla fine delle ostilità. In questo modo viene data voce ad un coro di testimoni che descrivono non solo le varie vicende che li videro protagonisti, ma pure il clima dell'epoca. In questo modo il testo si arricchisce di una collana di piccoli racconti, molto immediati, che sono molto utili soprattutto al lettore più giovane per capire l'atmosfera in cui avvennero quei tragici episodi di violenza.
Molto toccanti risultano in quest'ottica i racconti di alcuni figli di persone arrestate e poi scomparse senza che le famiglie avessero più notizie dei propri cari: i figli degli sventurati ricordano perfettamente il dolore insopportabile di non aver saputo più nulla dei propri padri. Per anni le famiglie di Clara Morassi, Francesco Tromba, Nidia Cernecca, Tullio Rensi, Giovanni Guarini e tanti altri cercarono inutilmente un segno, un luogo, una tomba su cui porre un fiore, ma ancor oggi, a quasi sessant'anni dalla deportazione dei propri padri, nella maggior parte dei casi, non conoscono la loro sorte.
Scrive l'autore che “le foibe rappresentarono uno dei maggiori picchi di barbarie raggiunti nel secolo appena concluso. A distanza di tanti anni le tragedie descritte dovrebbero essere liberate da ogni residua strumentalizzazione politica per essere definitivamente consegnate alla coscienza civile di italiani, sloveni e croati come esempi di delitti contro l'umanità. Proprio per la loro natura questi efferati massacri meriterebbero di essere condannati sempre ed in ogni caso, senza ricercare giustificazione alcuna né per i mandanti che li ordinarono, né per i carnefici che li eseguirono.”
Si tratta, in definitiva, di un lavoro scrupoloso che, nella complessità dell'argomento, cerca di fornire, con obiettiva chiarezza e serena imparzialità, un'analisi delle vicende drammatiche che sconvolsero negli anni dal 1943 al 1945 la Venezia Giulia e la Dalmazia, con l'eliminazione fisica di tutti coloro che potevano rappresentare un ostacolo alle mire espansionistiche della Jugoslavia del maresciallo Tito, con una pesante epurazione e con tutta una serie di minacce e vessazioni che fecero fuggire oltre trecentomila persone dalle proprie case.
Il libro di Guido Rumici risulta essere, in sintesi, un utile strumento proprio perché descrive fatti e numeri da un punto di vista oggettivo, senza mai dare spazio a valutazioni di tipo personale o ideologico, lasciando in questo modo al lettore l'opportunità di farsi un'idea autonoma su un argomento così delicato.
”Infoibati” è un volume che, pur meticoloso nei particolari, risulta di facile lettura per lo stile scorrevole dell'autore e, anche per questo, meriterebbe un'ampia diffusione pure, ma non soltanto, tra le giovani generazioni, come manuale per le scuole, per contribuire a far conoscere una pagina dimenticata della storia del Novecento, per troppo tempo rimossa dalla memoria dell'opinione pubblica nazionale.
Angela Zucchi